Uno dei luoghi più misteriosi ed emblematici della Sicilia si trova dentro la Valle dei templi ed è l’area circolare – con un altare quadrato forse riservato a imponenti sacrifici agli dei – vicina all’isolato tempio dei Dioscuri, meta degli innamorati dell’antica Akragas. La Sicilia più autentica è nel contrasto. “Affonda le radici nel mito – scrive Giulio Guidorizzi in La Sicilia degli dei (Raffaello Cortina Editore) – e poi, senza soluzione di continuità, si allarga fino al momento in cui un angelo cristiano sceglie una tomba micenea come posto di sosta”. Che è la Necropoli di Sant’Angelo Muxaro.
Guidorizzi, milanese, uno fra i principali grecisti viventi, è innamorato della Sicilia e in particolare di Siracusa. Dopo In viaggio con gli dei e Il mare degli dei, libri scritti con Silvia Romani e concepiti come guide turistiche istruite sulla Grecia e il Mare Egeo, si è dedicato alla Sicilia seguendo come un progetto per una personale cosmogonia. «Il quarto volume, se ci sarà, riguarderà la Magna Grecia – dice – dove si ha una fortissimo presenza coloniale dei Greci disseminata nelle odierne città del Sud d’Italia e dove ci sono tanti miti legati al territorio. Diomede per esempio venne in Italia, così come tanti eroi greci reduci dalla guerra troiana.»
Quindi è del parere che la Sicilia sia un’entità distinta dalla Magna Grecia, se pensa a un altro libro.
«In parte sono simili perché i gruppi etnici che colonizzano la Sicilia sono imparentati con quelli del continente e provengono dalla stessa terra, ma per la situazione ambientale la Sicilia è molto diversa: le città della Magna Grecia avevano a che fare con popolazioni appenniniche bellicose ed erano esposte a un pericolo che la Sicilia greca non avvertiva. Erano perlopiù fondate su basi democratiche mentre in Sicilia la forma principale di governo era la tirannide. Ci sono poi anche differenze filosofiche, se pensiamo ai Pitagorici che erano di Crotone o a Parmenide che era di Velia. Dopotutto gli stessi Greci della madrepatria chiamavano se stessi Elleni e distinguevano siciliani e continentali chiamando i primi Sicilioti e gli altri Italioti.»
Dunque la Sicilia greca fu una realtà separata, anche perché Siracusa rappresentò una vera potenza mondiale.
«C’è un dato di fatto: la Sicilia non invase nessuna popolazione, ma fu oggetto nella storia di continue invasioni fino ai Piemontesi.»
Però Gelone sconfisse gli Etruschi e per poco non attaccò Roma.
«Quella non fu una guerra imperialista e di conquista, ma dettata dalla necessità di difendere le rotte commerciali via mare, tant’è vero che non fu mossa alcuna azione contro Roma dopo la vittoria di Cuma.»
Qualche anno fa lei ha scritto un libro sulla magia nell’antichità, La trama segreta del mondo, a ridosso del quale può essere letto La Sicilia degli dei. Quanta magia circola nella Sicilia classica?
«La magia è universalmente diffusa nell’antichità come forma di pensiero e la storia della Sicilia è ricca di miti, tradizioni popolari, credenze religiose, come nel caso dei rituali per la crescita del grano, parte di una mentalità magica che i Sicilioti condividevano con gli altri Greci e con gli altri popoli.»
Andando indietro nella storia arriviamo alla Sicilia pregreca dei Siculi e dei Sicani, una civiltà alla quale quella greca in Sicilia ha attinto. Ma nel suo libro si parla meno di quel tempo.
«La storia fu scritta dai vincitori, quindi dai Greci e quella dei Siculi è una antestoria, una pre-storia che non fu mai scritta se non in pochissime occasioni. Sono stati ancora una volta i Greci a scrivere dei Siculi e non i Siculi a scrivere di se stessi. Si ebbe in realtà un caso di sincretismo, perché i Greci finirono per assorbire una parte della cultura sicula o, diciamolo meglio, i Siculi si ellenizzarono. Guardi Segesta dove un tempio ellenico è sorto in zona sicana.»
Dunque è corretto teorizzare che i Greci assimilarono anche le divinità sicule autoctone: la dea Ibla per esempio, il dio Adranos…
«Adranos fu venerato certamente dai Greci e i cani cirnechi dell’Etna sono una sua sicura discendenza. A vedere bene, in Sicilia si è avuta una lunga linea di continuità, per modo che l’arrivo del culto romano, che a sua volta ha fatto proprio quello ellenico, nonché il successivo consolidamento della fede cristiana al posto del paganesimo, ma ereditandone lo spirito, in Sicilia hanno assunto il senso di un retaggio. Le processioni che in moltissimi Comuni siciliani ancora oggi costituiscono il nerbo delle liturgie cristiane hanno il loro remoto antecedente nelle processioni misteriche pagane che richiedevano l’ostentazione del dio, la pulizia della statua (oggi il santo), la sua vestizione. Com’è tutt’oggi in risposta a un mistero che è un carattere connaturato dell’isola. In Grecia, madrepatria delle colone sicule, il passaggio dalla cultura pagana a quella cristiana è stato meno evidente, perché hanno avuto peso due elementi storici: i Turchi che hanno fatto tabula rasa e la fede ortodossa. Tuttavia della cultura pagana anche in Grecia sopravvive una forte eredità. Mi è capitato in un’isola dell’Egeo di chiedere i nomi alle cameriere che servivano bibite sulla spiaggia e ho sentito che una si chiamava Atina e un’altra Afroditi.»
Uno dei bacini mitologici più ricchi della Sicilia è lo Stretto di Messina. Secondo lei un eventuale Ponte potrebbe distruggere il patrimonio mitologico che sopravvive, da Scilla e Cariddi alla Fata Morgana a Colapesce?
«In Grecia è stato costruito un Ponte che lega il Peloponneso alla Valle di Delfi e non si è avuta alcuna distruzione. Capisco che uno che vuole sentirsi isolano non ami il Ponte, ma oggi arrivare in Sicilia in auto o in treno è come entrare in un mondo altro. Il Ponte è una modernità che porta comodità e renderebbe più accessibile l’isola. Ma è una scelta questa del Ponte che spetta ai siciliani. Che non devono temere il Ponte quanto piuttosto gli insediamenti quale il Polo petrolchimico di Siracusa che ha, quello sì, distrutto una delle zone più belle, antiche e mitologicamente ricche della Sicilia».